Strategie di value investing: la net-nets strategy

Indice

All’interno della filosofia del value investing si trovano strategie interessanti.

Una di queste è la cosiddetta Net-Nets Strategy, sviluppata negli anni ‘30 dal leggendario Ben Graham e utilizzata anche oggi. 

La Net-nets strategy è un tecnica di investimento basata sull’acquisto di azioni la cui market cap è inferiore al valore patrimoniale netto attuale dell’azienda (NCAV – Net Current Asset Value).

Questo tipo di approccio permetterebbe di trovare azioni sottovalutate rispetto al valore degli asset dell’azienda, promettendo ritorni elevati per gli investitori.

Stavi cercando una strategia di value investing per il breve periodo e che offre guadagni potenzialmente elevati?

La net-nets strategy ne è un esempio.

Ora ti mostro pro e contro di questa strategia, e come realizzarla nella pratica.

Capire la Net-nets strategy

L’investimento in Net-nets nasce dall’idea di scovare azioni il cui prezzo è inferiore al valore di liquidazione dell’azienda.

Il valore di liquidazione di un’azienda, di cui il NCAV è un’approssimazione, è il valore più basso che l’azienda stessa può avere.

Di conseguenza, se la capitalizzazione di mercato è inferiore a questa misura, allora è possibile che il mercato stia facendo un errore di valutazione: il prezzo delle azioni è troppo basso.

È come dire che immaginando di comprare l’azienda per intero, cioè tutte le sue azioni, riusciresti a trarre profitto dalla vendita dei suoi asset anche dopo aver pagato tutti i debiti e rinunciando pure alla riscossione dei crediti dei clienti più a rischio.

Se è vero che il prezzo delle azioni è troppo basso rispetto al valore dell’azienda, ci si aspetta quindi che prima o poi il mercato corregga l’errore.

Vediamo poi se ciò accade sempre.

Graham usava questo metodo quando le informazioni finanziarie relative alle aziende non circolavano con la rapidità di oggi. Nel suo mondo, i mercati non adeguavano i prezzi tanto in fretta rispetto alle informazioni disponibili

Di base, investire in una net-net stock poteva garantire ottimi ritorni nel breve periodo perché il valore dei suoi asset attualizzati (e liquidabili nel breve) era più alto del prezzo di mercato dell’azione stessa.

Quando gli operatori di mercato si accorgevano di questo errore, rivalutavano l’azienda, facendone salire il prezzo così che si allineasse al reale valore.

Questo comportava un profitto quasi sicuro per gli investitori che per primi avevano individuato l’inefficienza.

Anche oggi potrebbe valere lo stesso, ma l’efficienza dei mercati moderni rende l’investimento in net-nets più difficile, soprattutto sul lungo termine.

Il filtro per individuare i net-nets

La Net-nets strategy si basa sul calcolo del NCAV – Net Current Asset Value

Ecco la formula:

NCAV = Current assets – Total liabilities – Preferred stocks – Minority interest

Secondo Graham, se la capitalizzazione di mercato dell’azienda è inferiore ai ⅔ del NCAV, quell’azienda è un potenziale net-net su cui vale la pena di investire.

Ecco quindi la condizione di verifica:

Market Cap – 2/3 x NCAV < 0

Questa disequazione funge da screener per individuare le azioni potenzialmente sottovalutate secondo il criterio net-nets.

Quando le azioni di un’azienda sono scambiate al di sotto del 66% del loro valore di liquidazione, quindi, è possibile che si tratti di un’occasione di acquisto.

Come individuare i Net-nets

Ora ti mostro come individuare i Net-nets nella pratica.

Utilizzerò il sito Koyfin, nella sua versione gratuita.

Per prima cosa, devi creare uno screen:

Nella finestra che si apre, vai su “Get started from scratch”:

Ora dovrai creare i filtri necessari per il tuo screen. 

Seleziona l’area geografica di tuo interesse, la capitalizzazione di mercato e tutto quello che desideri.

Poi dai un nome a questo screen. 

Per esempio, io l’ho chiamato proprio “Net-nets”:

Comparirà ora un elenco di titoli.

Vai sull’icona della matita, dobbiamo creare una colonna in più: il nostro filtro di verifica.

La nuova colonna dovrà contenere la formula vista in precedenza:

Market Cap – 2/3 x NCAV

Costruiamo quindi i vari contributi dell’equazione.

È molto intuitivo, segui l’immagine qui sotto:

È il momento di scrivere la formula:

Salva la colonna, così da aggiungerla nell’elenco a destra “Selected columns”:

Ci siamo!

Hai creato una colonna chiamata “MC – ⅔*NCAV”, ovvero hai il tuo filtro di controllo.

Non ti resta che ordinare i valori in senso ascendente, così da far comparire per primi i valori negativi. 

I valori negativi indicano le azioni per cui la condizione di controllo è verificata, ovvero sei di fronte ai potenziali net-nets che stavi cercando:

Rischi dello screener net-nets: tutto oro ciò che luccica?

Lo screener di Graham è semplice da applicare oggi.

Ma abbiamo davvero scovato un net-net ogni volta che la condizione di controllo si verifica?

Matematicamente, si.

Abbiamo infatti selezionato tutte le azioni per cui il NAV è di fatto superiore al prezzo di borsa.

È quindi legittimo supporre che i titoli individuati dal filtro siano sottostimati, ovvero ci sia un margine di profitto per chi ci investe.

Tuttavia, potrebbe esserci un motivo reale per cui quei titoli passano lo screening.

Per esempio, la valutazione del mercato potrebbe essere corretta nel momento in cui l’azienda sia effettivamente sull’orlo del fallimento.

In un caso come questo, il rischio per te è quello di perdere soldi con l’investimento, anziché guadagnarne: non hai trovato un net-net, stai investendo in un’azienda sul lastrico.

Questo è uno dei motivi per cui lo stesso Graham consigliava di creare un portafoglio di almeno 30 potenziali net-nets, così da compensare eventuali morie.

È un po’ lo stesso rischio che ti raccontavo in Cattive aziende possono essere buoni investimenti?

Un altro consiglio è quello di non tenere le posizioni net-nets per molto tempo. 

Il motivo è semplice. 

In genere, il management non liquida l’azienda ai primi segnali di difficoltà. Tuttavia, un management incompetente rischia di distruggere il valore dell’azienda nel tempo. Il mercato potrebbe quindi aver già individuato una serie di problemi nel lungo periodo, adeguando già il prezzo a quelle aspettative.

Non sempre, quindi, il mercato sbaglia, anzi.

Per questo motivo, la maggior parte degli accademici che si sono occupati di studiare questa strategia (vedi sotto) consigliano di vendere il portafoglio net-nets dopo un solo anno.

La strategia net-nets funziona?

Nel suo Security Analysis, Ben Graham illustra la strategia net-nets e ne mostra i profitti ricavati negli anni 30 e oltre, ben superiori rispetto ai ritorni del mercato.

Il metodo Net-nets può funzionare anche oggi?

In un primo studio condotto da Henry R. Oppenheimer (e pubblicato nel 1986 sul Financial Analysts Journal), appare evidente come la strategia net-nets abbia performato meglio del mercato nel periodo tra il 1970 e il 1982.

Ti lascio qui sotto il paper:

 

Successivi papers di altri accademici [Tobias Carlisle, Sunil Mohanty, and Jeffrey Oxman], che vorrebbero essere la continuazione dello studio di Oppenheimer (ma non sono stati pubblicati su riviste ufficiali), estendono la ricerca fino al 2010.

Ecco la fonte:

 

Nonostante alcune accortezze nei backtest, come l’eliminazione sia del survivorship bias che del look-ahead bias, entrambi gli studi hanno ricevuto delle critiche.

Quali obiezioni sono state mosse?

Eccole:

  • Vengono incluse molte stocks illiquide nei campioni analizzati, non tradabili nella pratica. Per questo motivo, ti consiglio di settare nello screen precedente un minimo di 250 mln$ di market cap. Come ulteriore condizione, potresti aggiungere un vincolo di prezzo minimo (esempio 5$).

 

  • È stata usata la media aritmetica, anziché quella geometrica, nel calcolo dei rendimenti della strategia net-nets. Questo può portare a una sopravvalutazione dei risultati dei backtest.

 

  • Non viene considerato l’impatto delle commissioni e delle tasse.

 

La conclusione è che la strategia Net-nets ha ottime potenzialità, ma la sua efficacia nella realtà non è così certa come invece gli studi sembrano indicare.

Ti lascio qui sotto i riferimenti da cui ho tratto queste obiezioni:

Conclusioni

La strategia net-nets rientra nel campo delle tecniche applicabili da un value investor.

Si tratta di una strategia di breve termine, che si focalizza sulla ricerca degli errori di valutazione del mercato.

Il metodo net-nets potrebbe offrire ritorni superiori al mercato per quegli investitori che intendono investire in small stocks potenzialmente sottovalutate, e che si assumono il rischio di sbagliare la valutazione.

Nonostante alcune ricerche accademiche (e meno accademiche) abbiano tentato di mostrare l’efficacia di questa strategia, rimangono delle obiezioni fondamentali da considerare.

La possibile illiquidità dei titoli selezionati dallo screener, la non chiarezza dei risultati dei backtests e l’impatto di tasse e commissioni possono incidere negativamente sui risultati dell’ investimento in net-nets.

Avevi mai sentito parlare di questa strategia?

 

A presto,

Francesco

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7 risposte

  1. Buongiorno Francesco, molto bello e utile il tuo articolo, come anche quello, eccellente, “cattive aziende possono essere buoni investimenti?”.
    Volendo però ragionare sul lungo periodo e non su strategie di breve periodo, e non avendo tempo e competenze sufficienti per selezionare innumerevoli aziende “value” e fare le pulci ai loro bilanci, potrebbe avere senso prendere un ETF tipo IWVL o XDEV.
    Quello che però mi chiedo è: è sufficiente selezionare le aziende sulla base di 3 soli parametri come P/E, P/B e valore aziendale/flusso di cassa per ritenere quelle stesse aziende “value” ovvero “di valore ma sottovalutate dal mercato?”.
    Esistono autorevoli studi (tipo quello recente di De Prado ad esempio) che contestano le logiche che stanno dietro al fattore value.
    Ti faccio un altro esempio: il fondo a gestione attiva Nordea 1 Global Stable Equity seleziona anch’esso aziende value. Ebbene, i primi 10 titoli del suo portafoglio sono completamente diversi dai primi 10 titoli dell’IWVL (salvo forse uno). Mi domando perché. Chi dei due sbaglia? Sapresti darmi una risposta?
    Grazie.

  2. Credevo di aver posto domande sensate. A mio avviso se si scrivono articoli su certi argomenti, poi si dovrebbe rispondere alle relative domande. Buona domenica.

    1. Ciao Giulio, ancora non ero riuscito a prendere in mano la tua domanda. Ti rispondo per gentilezza, nonostante questo tuo ultimo commento, visto che analizzare e confrontare fondi ed ETF e cercare di dare risposte complete mi richiede tempo, e io lo sto facendo gratis per te.

      Tutte le strategie di investimento si basano su una filosofia di fondo. Le strategie value si basano sull’assunto che il mercato talvolta sbaglia le valutazioni degli asset già in essere di un’azienda. Per questo motivo, i value investors cercano degli affari selezionando aziende la cui valuazione di mercato è presumibilmente inferiore al valore intrinseco di questi asset già in possesso dell’azienda. Questa è la filosofia di base comune a tutte le strategie value.

      Ora, ci sono tre grandi approcci nel value investing. Il primo si basa sull’uso di screener, il secondo su logiche contrarian e il terzo sull’ “attivismo” (cioè compro un’azienda e la trasformo da dentro, come fanno certi tipi di business private equity).

      Quando si utilizzano strategie basate sugli screener, per prima cosa si individuano alcuni parametri di riferimento (detti “filtri”, o screener, appunto). Per esempio, posso selezionare come filtro il price-to-book value. A questo punto prendo le azioni di un mercato azionario e le divido in decili. Nel primo decile ci vanno tutte le aziende che hanno il valore di price-to-book più basso di tutte. Poi salgo di decile in decile fino a raggruppare, nell’ultimo decile, le aziende che hanno il valore price-to-book più alto di tutte.

      A questo punto, la mia strategia value può comprendere di acquistare tutte le aziende che hanno il valore price-to-book sotto una certa soglia, e ternerle, diciamo, per 5 anni. Questo è uno screener, e potrebbe essere utilizzato dagli ETF che mi hai segnalato, in combinazione con altri screener come il P/E, eccetera.

      Dall’uso di questi screener emergono, in modo abbastanza “passivo”, i nomi delle aziende da comprare e mettere in portafoglio senza pensarci più di tanto.

      E’ chiaro che non sempre gli screener funzionano, e un’azienda potrebbe ritrovarsi con un PBV basso perchè in effetti è in difficoltà. Alcune azioni che passano lo screener potrebbero fallire nel corso del tempo, oppure lo passano perchè il loro basso PBV è dato da ROE scarsi.

      Leggendo i fogli informativi del fondo Nordea, invece, non mi pare si faccia riferimento esplicito a una specifica strategia value. Nel documento si legge che il fondo cerca di investire in azioni che “sembrano offrire prospettive di crescita e caratteristiche d’investimento superiori”. Sembra quasi uno stile growth piuttosto che value. In ogni caso, il fondo è attivo e qui entrano in gioco anche le scelte del gestore, che potrebbe cercare il valore tanto negli asset già in essere delle aziende, come farebbe un value investor, quanto nel potenziale di crescita, come farebbe un growth investor. Anche il benchmark mi sembra differente. Il Nordea si riferisce a 70% MSCI World Index (Net Return) e 30% EURIBOR 1M (FX adjusted).

      Non mi stupisco quindi che i titoli del Nordea siano differenti rispetto agli ETF che citavi, e non credo che qualcuno stia “sbagliando”. Semplicemente, si tratta di strategie differenti, che potrebbero coesistere anche se entrambi i fondi seguissero un approccio value.

  3. Mi scuso se mi sono espresso male. Non intendevo essere scortese, ci mancherebbe. Rispondi gratis, è vero, e per questo ti ringrazio. Molto ben fatto anche il tuo ultimo articolo su Nvidia e AI.

  4. Buongiorno Francesco e buon 25 aprile. Mi è piaciuto molto il tuo post. È chiaro e approfondito. Poiché apprezzo il value investing e in generale i fattori d’investimento, se posso chiedere: visto che per un retail non è semplice applicare strategie fattoriali, hai un’opinione positiva degli etf multifactor, tipo ishares edge msci world multifactor? Oppure usandolo si rischia di mischiare un po troppo i vari fattori? Grazie.

    1. Buongiorno Laura, grazie per il complimento. Mi sono preso un momento per guardare l’ETF IFSW che mi hai segnalato. Tutte le azioni contenute in questo ETF sono anche contenute in un normale ETF costruito su MSCI WORLD. In effetti, si potrebbe dire che ne è un sottoinsieme, anche se cambiano i pesi delle sigole azioni (ma non più di tanto). Ho anche eseguito per scrupolo una correlazione rolling tra i due a 63gg e 126gg a partire da fine 2015 (quando è nato IFSW), che risulta costantemente molto elevata. Concludo che IFSW non serve per diversificare un ETF azionario world, forse proprio per via del fatto che catturando molti fattori tutti insieme, alla fine si correla molto al resto, come già notavi. Per quanto riguarda l’inserimento in portafoglio, non conosco la tua situazione specifica, per cui non saprei aiutarti su due piedi, ma come CFA sono disponibile ad un’analisi più approfondita insieme a te. In caso scrivimi a info@ilredidenari.it. Ciao!

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